corso di certificazione energetica degli edifici

In Italia, prima della crisi energetica degli anni ’70, non esisteva alcuna legge sul risparmio energetico.

La prima legge fu la n. 373/76, con definitiva integrazione e modifica con la n.10 del 9 gennaio 1991. La 10/91 fu la prima legge italiana che regolava la gestione degli edifici e impianti con l’obiettivo di salvaguardare l’ambiente e la salute e con lo scopo di incentivare l’uso di fonti rinnovabili di energia. Il decreto attuativo della legge 10/91 è Il D.P.R. n.412 del 1993 che regolamenta il settore impiantistico.

Negli anni ‘90 il Consiglio europeo, sempre più cosciente della guerra per il petrolio e dell’effetto serra, emana una serie di leggi che regolamentano l’utilizzo degli elettrodomestici e la loro classificazione energetica e i requisiti per la idoneità delle caldaie. La versione definitiva della decisione della Unione Europea è la Direttiva Europea del 1991, 2002/91/CE arrivata in Italia solo nel ’94.

  • Il 9 Ottobre 2005 entra definitivamente in vigore il D.Lgs. 192/2005.
  • Il D.Lgs. 192/2005, tra le altre norme, introduce: controlli e manutenzione impianti termici, regolamentazione certificazione energetica degli edifici, conformità degli edifici, requisiti professionali di chi si occupa di certificazione energetica degli edifici.
  • Il D.Lgs. 192/2005 fu una vera rivoluzione ed un passo decisivo verso la consapevolezza e il miglioramento dello stile di vita .
  • Dal 1 febbraio 2007 viene definito e perfezionato il D.Lgs. 311/2006 tuttora in vigore.
  • Il D.Lgs. 311/2006 ha introdotto, nel calcolo delle prestazioni energetiche, la valutazione della componente impiantistica e non più solo la struttura.

Ti potrebbe interessare: Corso Certificazione Energetica degli Edifici

Ti potrebbe interessare: Corso di Aggiornamento per Tecnici Certificatori Energetici

mascherine ffp e classificazione

Aereosol e particelle di polveri sottili sono rischiose per la salute dei lavoratori e da non sottovalutare poiché rappresentano un pericolo subdolo in quanto invisibili e impercettibili.

Per proteggere il lavoratore si utilizzano le semi maschere filtranti che possono essere di tre tipologie di protezione: FFP1, FFP2, FFP3. Queste maschere proteggono da aereosol, polveri fini acquose e oleose e dal fumo ma non da odori sgradevoli. Le mascherine sono indispensabili per la protezione delle vie respiratorie. La protezione FFP è acronimo di “filtering face piece”, maschera filtrante.

La maschera copre bocca e naso ed è obbligatoria quando viene superato l’ OEL cioè il valore limite di esposizione occupazionale. L’OEL viene superato quando polveri, fumo e aereosol nell’aria superano il massimo consentito divenendo dannosi per la salute. Le protezioni FFP offrono protezione per diverse concentrazioni di sostanze nocive e filtrano le particelle fino a 0,6 μm.

Grazie alle tecnologie avanzate, le mascherine, oltre a proteggere bene, non creano resistenza respiratoria e le particelle bloccate dal filtro non danno problemi alla respirazione neanche in seguito all’uso prolungato della mascherina.

Mascherine FFP1: utilizzate nei luoghi di lavoro dove sono presenti polveri e aerosol tossici o fibrogeni e dove il valore limite di esposizione viene superato più di 4 volte. Filtrano fino all’80% di particelle fino a 0,6 μm .

Mascherine FFP2: utilizzate nei luoghi di lavoro dove nell’aria sono presenti sostanze dannose che possono provocare persino mutazioni genetiche e devono essere utilizzate quando il valore limite di esposizione occupazionale supera le 10 volte. Si usano ad esempio nelle aziende metallurgiche e minerarie. Le mascherine FFP2 filtrano fino al 90% di particelle fino a 0,6 μm .

Mascherine FFP3: sono le mascherine che preservano nei luoghi di massimo inquinamento della aria. La protezione è del 99 % da particelle fino a 0,6 μm . Le mascherine FFP3 si utilizzano ad esempio nelle industrie chimiche dove il valore di esposizione occupazionale viene superato più di 30 volte. Proteggono da sostanze tossiche e cancerogene.

Per la attuale emergenza Corona Virus è fortemente consigliato l’uso delle mascherine FFP3.

energie rinnovabili entro 2030

La tematica dell’energia rinnovabile è un capo saldo della formazione formativa delle figure professionali, consulta i nostri corsi online su energia e ambiente. L’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA), sostiene che per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile e avviare un percorso verso la sicurezza del clima, gli investimenti di 10 trilioni di dollari in combustibili fossili dovranno spostarsi verso la trasformazione energetica, quindi la quota di energie rinnovabili dovrà più che raddoppiare.

Per poter aumentare le energie rinnovabili e garantire il rispetto degli obiettivi di transizione energetica, la IRENA, durante l’assemblea annuale tenutasi ad Abu Dhabi dal 10 al 12 gennaio, ha presentato il libro dal titolo “10 Years: Progress to Action”, che illustra il piano attuato e quello da attuare nei prossimi 10 anni.

L’IREA sostiene che gli investimenti annuali delle energie rinnovabili debbano raddoppiare, passando dai 330 miliardi di dollari attuali, a quasi 750 miliardi di dollari, passando attraverso la rimodulazione degli investimenti previsti per i combustibili fossili verso la sostenibilità. L’accordo di Parigi, ha fissato un obiettivo preciso: limitare l’aumento delle temperature globali entro 1,5° C entro il 2030, a tal fine sono stati previsti quasi 10 trilioni di dollari di investimenti energetici in fonti rinnovabili, aumentando così la possibilità di superare il budget mondiale di carbonio.

Forse ti potrebbe interessare: Sei un responsabile tecnico di impianti a fonti energie rinnovabili? Segui il corso di aggiornamento fer online

L’accesso all’energia mediante fonti rinnovabili, può diventare uno strumento di vitale importanza, in un’ottica di sviluppo sostenibile. Dal 2010, le energie prodotte da impianti fotovoltaici e da impianti eolici, sono diventate la principale capacità energetica al mondo, surclassando tutte le altre forme di vecchia generazione.

Il Direttore Generale di IRENA, Francesco La Camera ha dichiarato: “Siamo entrati nel decennio dell’azione per le energie rinnovabili, un periodo energetico che si trasformerà ad una velocità senza precedenti” poi ha continuato affermando “Le energie rinnovabili sono la chiave dello sviluppo sostenibile e dovrebbero essere al centro della pianificazione energetica ed economica del mondo”.

IRENA ha stimato che entro il 2030 i maggiori investimenti nelle energie rinnovabili comporterebbero un risparmio sui costi, che è stato stimato tra 1,6 e 3,7 trilioni di dollari all’anno.

La transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili sarà garantita anche da un continuo calo dei costi delle tecnologie. Infatti, il costo del fotovoltaico ha avuto un calo di quasi il 90% negli ultimi 10 anni e nella stessa decade il prezzo delle turbine eoliche ha avuto un calo pari alla metà. Entro il 2030 le due tecnologie copriranno un terzo del fabbisogno energetico globale.

Oggi le energie rinnovabili off-grid, cioè quelle che permettono di fornire energie elettrica a tutte quelle case situate in zone remote, sono una soluzione chiave per garantire l’accesso all’energia a circa 150 milioni di persone. I dati forniti da IRENA mostrano un incremento del 60% di accessi all’energia elettrica grazie a sistemi autonomi e mini-grid.

emissione italiana gas serra

Online sul sito dell’ISPRA la pubblicazione “Emissioni nazionali di gas serra: Indicatori di efficienza e decarbonizzazione nei principali Paesi Europei”

Quello italiano è uno dei sistemi energetici più efficienti d’Europa e a minor impatto ambientale in termini di emissioni di gas serra. Un traguardo importante soprattutto se si considera che in molti paesi europei si ricorre ancora ad un forte utilizzo del nucleare.

A dimostrarlo l’ISPRA con lo studio “Emissioni nazionali di gas serra: indicatori di efficienza e decarbonizzazione nei principali Paesi Europei” che mette a confronto l’evoluzione dei sistemi energetici dell’Unione prendendo in considerazione diversi fattori (andamento economico dei vari settori produttivi, composizione del mix di fonti energetiche fossili e rinnovabili insieme al loro consumo e alle emissioni di gas serra ad esso connesse).

Il pedale dell’accelerazione nell’utilizzo di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico, fotovoltaico, solare termico, geotermico, eolico, bioenergie e rifiuti rinnovabili) l’Italia lo spinge nel 2007, portando nel 2016 la quota nazionale al 17% contro la media europea di poco superiore al 13%. Non solo. Nonostante il ruolo preponderante che ancora svolgono le fonti fossili in Italia, le emissioni di gas serra per unità di consumo di questo tipo di fonti sono tra le più basse a livello europeo (3,41 tonnellate di CO2 equivalente per ogni tonnellata equivalente di petrolio contro 3,56 tCO2eq/tep degli altri Paesi UE).

In generale nel periodo 2008-2016, le emissioni di origine energetica rappresentano mediamente l’82% delle emissioni totali, mentre quelle prodotte da processi industriali e dall’agricoltura rappresentano rispettivamente il 7,4% e il 6,5%. Gli assorbimenti dovuti alle attività forestali nel periodo 2008-2016 ammontano mediamente a 28,3 Mt CO2eq/anno.

Ancora, gli indicatori nazionali indicano un’elevata efficienza energetica ed economica: l’intensità energetica, espressa in termini di consumo interno lordo di energia per unità di PIL, è tra le più basse nei principali paesi europei, 98,50 tep contro 118,62 tep dei Paesi dell’Unione Europea nel 2016). Inoltre, le emissioni di gas serra nazionali per unità di consumo interno lordo di energia sono in linea con la media europea (2,76 tCO2eq/tep contro i 2,62 tCO2eq/tep dei Paesi UE), nonostante l’apporto di una non trascurabile quota di energia di origine nucleare ancora presente in Europa.

Emissioni e Pil in Italia non seguono lo stesso andamento: il confronto del trend delle emissioni di gas serra con quello del PIL mette in risalto il loro disaccoppiamento. Nel periodo 1990-2016, infatti, la crescita delle emissioni è stata generalmente più lenta di quella dell’economia. A giocare un ruolo fondamentale, la sostituzione di combustibili a più alto contenuto di carbonio con il gas naturale, avvenuta principalmente nel settore della produzione di energia elettrica e nell’industria, unita all’incremento della quota di energia da fonti rinnovabili.

Anche l’efficienza complessiva del sistema energetico è al di sopra della media europea: nel 2016 l’energia disponibile per i consumi finali nazionali costituisce il 78% dell’energia primaria contro il 72% della media dei Paesi UE, mostrando quindi una elevata efficienza di trasformazione energetica.

Ottimi risultati anche per l’ industria italiana: il consumo di energia finale e le emissioni di gas serra per unità di valore aggiunto, collocano l’Italia tra i paesi con i valori tra i più bassi dei 28 Stati Europei (259 tCO2/M€ a fronte di una media EU28 di 306 tCO2/M€).

Diversa, invece, la situazione del settore terziario dove si registra un’emissione per unità di valore aggiunto pari a 23 tCO2eq/M€ contro le 19 tCO2eq/M€ della media EU28. La pubblicazione si inserisce nel quadro più ampio delle attività svolte da ISPRA che riguardano i cambiamenti climatici. L’Istituto, infatti, produce annualmente l’inventario nazionale delle emissioni di gas serra, ne calcola le proiezioni sul medio e lungo periodo, fornisce il supporto tecnico-scientifico al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, per valutare le politiche che riguardano la riduzione delle emissioni. Inoltre, l’ISPRA sta collaborando con il MATTM per rilanciare il coordinamento gestionale delle stazioni di monitoraggio delle concentrazioni di CO2 in atmosfera e, nel settembre scorso, ha dato avvio alle attività del progetto ICAT (Initiative on Climate Action Transparency), un progetto di supporto ai Paesi emergenti e in via di sviluppo che hanno bisogno di formazione per migliorare la trasparenza negli impegni assunti con l’Accordo di Parigi. Più recentemente, l’Istituto ha introdotto il calcolo dell’andamento delle emissioni nazionali su base trimestrale

scuole verdi

É stato depositato nei giorni scorsi il disegno di legge – Scuole verdi -, che si propone di riqualificare l’edilizia scolastica in modo da far trascorrere agli alunni delle scuole primarie più tempo all’aperto grazie a giardini, orti e spazi verdi.

É stato depositato nei giorni scorsi, anche grazie a un lungo lavoro portato avanti negli anni scorsi dalla Lipu, il disegno di legge – Scuole verdi -, che si propone di riqualificare l’edilizia scolastica in modo da far trascorrere agli alunni delle scuole primarie più tempo all’aperto grazie a giardini, orti e spazi verdi. Meno cemento, dunque, e più verde favorisce – come sostenuto anche da psicologi infantili e pediatri – un maggiore benessere in un’età cruciale, decisiva per la crescita dei nostri giovani.

Un’idea elaborata da tempo dalla Lipu che nasce pensando al movimento statunitense No child left inside, che ha ottenuto dal Governo degli Stati Uniti una legislazione e fondi per la formazione che assicurassero ai ragazzi tempo all’aperto in giardini e spazi verdi. Depositato attualmente al Senato, il disegno di legge è composto da quattro articoli, che prevedono il riconoscimento istituzionale del verde come elemento fondamentale del percorso educativo e formativo nella scuola primaria (articolo 1), la promozione concreta di adeguati spazi verdi nelle scuole primarie italiane (articolo 2), l’emanazione di un decreto ad hoc da parte del ministero dell’Istruzione (articolo 3) e la necessaria copertura finanziaria (articolo 4).

Principi che valgono non solo nei progetti di nuova edificazione di Regioni e Comuni ma anche in tutte le occasioni di ristrutturazione, riqualificazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici ospitanti scuole primarie.

Fonte: UnioneArchitetti.com

Green cities, riqualificazione urbana, città, città verdi. Sono 126 i progetti di edilizia green degli enti locali che saranno cofinanziati nel 2018 grazie al bando Por Fesr 2014-2020 di riqualificazione energetica, con oltre 9,5 milioni di fondi europei veicolati dalla Regione Emilia-Romagna. Un contributo che innescherà un investimento complessivo di circa 38 milioni di euro. Sarà così possibile rendere energeticamente più sostenibili ed efficienti edifici residenziali e strutture pubbliche quali ospedali, scuole, centri sportivi, case di riposo. Un’azione analoga era stata intrapresa dalla Regione lo scorso anno, quando un precedente bando Por Fesr aveva consentito la realizzazione di 95 interventi, con contributi per 8,8 milioni e investimenti complessivi per oltre 25 milioni di euro.

Gli interventi saranno mirati in particolare alla riduzione dei consumi energetici grazie al rinnovamento degli impianti, all’uso razionale dell’energia con sistemi di regolazione e monitoraggio e alla produzione energetica da fonti rinnovabili. I beneficiari delle risorse sono Comuni, Aziende sanitarie, Acer, Unioni di Comuni, Ministeri, Università, società a capitale interamente detenuto da enti locali e soggetti o amministrazioni pubblici in genere.

I progetti in Emilia-Romagna – I 126 interventi ammessi dal bando (che innescano investimenti complessivi per 38 milioni e 464 mila euro grazie a contributi per 9 milioni e 593 mila euro) hanno questa ripartizione territoriale: 25 progetti sono in provincia di Bologna (investimenti per 7.924.078 di euro e contributi per 1.922.020); 19 progetti in provincia di Forlì-Cesena (contributi per 1.568.556 euro e investimenti per 5.727.093); 8 progetti in provincia a Ferrara (contributi per 1.052.107 euro e investimenti per 4.313.112; 9 in provincia di Modena (contributi per 968.328 euro e investimenti per 4.562.767); 6 in provincia di Piacenza (contributi per 442.857 euro e investimenti per 1.538.040); 20 progetti in provincia di Parma (contributi per 1.481.660 euro e investimenti per 5.844.323); 10 in provincia di Ravenna (contributi per 758.863 euro e investimenti per 2.899.610); 22 in provincia di Reggio Emilia (contributi per 811.471 euro e investimenti per 3.638.129); 7in provincia di Rimini (contributi per 587.521 euro e investimenti per 2.017.608).

ENEA ha brevettato un metodo biotecnologico per produrre in grandi quantità, a basso costo e con alti livelli di purezza le molecole di colore giallo-rosso dei fiori di zafferano, le cosiddette “crocine”, utilizzate storicamente come coloranti in pittura e ingredienti alimentari, ma che vantano anche proprietà antiossidanti e funzioni protettive nei confronti di malattie degenerative della retina e di alcune forme tumorali.

“Questa invenzione appare come l’unica via per produrre crocine in grandi quantità, in considerazione dell’impossibilità di ottenerle tramite sintesi chimica e della stagionalità della pianta che fiorisce solo una volta l’anno”, spiega la ricercatrice del Laboratorio Biotecnologie dell’ENEA Olivia Costantina Demurtas, una delle autrici del brevetto. “Inoltre, il metodo che abbiamo messo a punto consente di ottenere pigmenti a costi fino a 100 volte inferiori rispetto a quelli di origine naturale e con livelli di purezza tali da consentirne l’utilizzo anche in biomedicina”, conclude Demurtas.

Oltre a essere pubblicato sulla rivista del settore Plant Physiology, questo metodo biotecnologico ha consentito a Olivia Costantina Demurtas di vincere recentemente uno dei riconoscimenti del Premio “Hausmann & Co e Patek Philippe – dedicato a chi ha talento”, istituito dai celebri marchi di orologi per premiare le giovani eccellenze italiane.

Il sistema brevettato da ENEA ha permesso anche di individuare metodi innovativi di ingegneria genetica per produrre le crocine in batteri, lieviti o piante diverse dallo zafferano. Inoltre, grazie a studi sulle molecole biologiche, ENEA e l’Università di Castilla-La Mancha hanno identificato una serie di geni coinvolti nella produzione delle crocine. I risultati ottenuti nell’ambito delle attività di caratterizzazione di uno zafferano selvatico, che accumula crocine anche nella parte gialla di altri organi oltre che negli stimmi, sono stati pubblicati sulla rivista “Scientific report” del gruppo Nature.

“Attraverso l’uso di tecnologie ‘omiche’ per determinare i meccanismi che controllano la sintesi di crocine, abbiamo ottenuto una serie di geni associati all’accumulo di queste molecole e questi risultati saranno oggetto di studi futuri al fine di aumentarne la produzione”, spiega Gianfranco Diretto del Laboratorio Biotecnologie dell’ENEA.

La coltivazione dello zafferano è limitata a terreni ad altitudini superiori ai 300 m. e ogni pianta produce al massimo 3 fiori, ognuno dei quali porta al massimo 3 stigmi; inoltre tutte le operazioni di raccolta e processamento devono essere svolte manualmente. E non è tutto: lo zafferano infatti è una pianta sterile, aspetto che ne aumenta le difficoltà di miglioramento genetico e delle sue caratteristiche produttive. A causa della ridotta produzione e disponibilità e all’alto costo della manodopera, il cosiddetto “oro rosso” rappresenta una delle spezie più costose al mondo, con prezzi che possono raggiungere 30mila euro al chilo. Si calcola che per produrre una bustina di zafferano siano necessari più di 20 fiori dai quali si ricavano 60 pistilli mentre per ottenere 1 chilo di zafferano occorrano 150mila fiori e 500 ore di lavoro.

La normativa in materia, ovvero il decreto legislativo n. 49 del 14 marzo 2014, recepisce la Direttiva Europea 2012/19/UE e obbliga tutti i produttori di AEE (Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) a farsi carico del fine vita delle stesse, secondo il principio della responsabilità estesa del produttore. Dal prossimo 15 agosto l’ambito di applicazione del decreto diventa “aperto”, il cosiddetto Open Scope: in pratica tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche rientreranno negli obblighi del Decreto RAEE, salvo alcune specifiche esclusioni (mentre prima esisteva un elenco con categorie specifiche di prodotti che rientravano nell’ambito di applicazione “chiuso”).

Ne consegue che i produttori di AEE devono innanzitutto:

  • istituire un sistema individuale o aderire a un sistema collettivo per finanziare il sistema di raccolta e smaltimento delle proprie AEE;

  • iscriversi al Registro dei Produttori di AEE e/o aggiornare i prodotti di iscrizione;effettuare le dichiarazioni annuali di immesso sul mercato al Registro.

In un’ottica di Open Scope il produttore di AEE deve fornire agli utilizzatori finali adeguate informazioni riguardanti:

  • l’obbligo di non smaltire i RAEE come rifiuti urbani misti e di effettuare la raccolta differenziata;

  • i sistemi di ritiro o di raccolta dei RAEE, nonché la possibilità e le modalità di consegna al distributore del RAEE all’atto dell’acquisto di una nuova AEE o di conferimento gratuito senza alcun obbligo di acquisto per i RAEE di piccolissime dimensioni;

  • gli effetti potenziali sull’ambiente e sulla salute umana dovuti alla eventuale presenza di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche e a una scorretta gestione delle stesse;

  • il ruolo degli acquirenti nel contribuire al riutilizzo, al riciclaggio e ad altre forme di recupero dei RAEE.

Il produttore di AEE deve fornire specifiche informazioni in materia di preparazione per il riutilizzo e di trattamento adeguato anche agli impianti di trattamento e ai centri di preparazione allo scopo di agevolare la manutenzione, l’ammodernamento e la riparazione, nonché la preparazione per il riutilizzo e il trattamento dei RAEE. Vanno indicati in particolare le diverse componenti e i diversi materiali delle AEE, nonché il punto dell’AEE in cui si trovano le sostanze e le miscele pericolose. Tali informazioni possono essere messe a disposizione in forma di manuali o attraverso strumenti elettronici.

Il produttore ha infine l’obbligo di apporre su ogni AEE:

  • il simbolo raffigurante il cassonetto barrato (conformemente a quanto riportato all’Allegato IX del D.lgs. n. 49/2014) che ha lo scopo di assicurare che i RAEE non vengano smaltiti come rifiuti urbani misti e facilitarne la raccolta differenziata;

  • il marchio di identificazione, non definito nella forma grafica, ma con un contenuto informativo minimo costituito da almeno uno dei seguenti elementi: nome del produttore (denominazione o ragione sociale) oppure logo del produttore, solo se è un marchio registrato, o numero di registrazione al Registro nazionale dei soggetti obbligati al finanziamento dei sistemi di gestione dei RAEE.

Alcune apparecchiature sono tuttavia escluse dall’Open Scope. Le esclusioni potenzialmente applicabili ai prodotti di interesse Assoclima (apparecchiature per la climatizzazione e la ventilazione) sono le seguenti:

  • installazioni fisse di grandi dimensioni, ad eccezione delle apparecchiature che non sono progettate e installate specificamente per essere parte di dette installazioni (rif. art. 3, comma 2, lettera c del D.lgs. 49/2014);

  • apparecchiature progettate e installate specificamente come parte di un’altra apparecchiatura che è esclusa o che non rientra nell’ambito di applicazione del decreto legislativo, purché possano svolgere la propria funzione solo in quanto parti di tale apparecchiatura (rif. art. 3, comma 1, lettera b) del D.lgs. 49/2014).

Le apparecchiature soggette alle prescrizioni RAEE, compresi gli apparecchi e i sistemi per la ventilazione e la climatizzazione, vanno distinte tra RAEE provenienti da nuclei domestici e RAEE professionali, così come definiti dalla Direttiva europea e dal decreto nazionale:

“RAEE provenienti dai nuclei domestici”: i RAEE originati dai nuclei domestici e i RAEE di origine commerciale, industriale, istituzionale e di altro tipo, analoghi, per natura e quantità, a quelli originati dai nuclei domestici. I rifiuti delle AEE che potrebbero essere usate sia dai nuclei domestici che da utilizzatori diversi dai nuclei domestici sono in ogni caso considerati RAEE provenienti dai nuclei domestici.

Smaltimento RAEE domestici

I cittadini possono conferire gratuitamente i propri RAEE utilizzando i servizi messi a disposizione dai comuni o dalle aziende di servizio ambientale (Centri di raccolta, stazioni mobili, ritiro a domicilio) o conferire gratuitamente i RAEE al punto vendita, usufruendo del servizio 1 contro 0 per le AEE di piccole dimensioni (lato lungo max 25 cm), oppure al momento dell’acquisto di un prodotto equivalente (1 contro 1).

Presentato presso la sede del Parlamento europeo a Bruxelles il 7° Rapporto Annuale Efficienza Energetica dell’ENEA, che fa il punto sulle politiche nazionali nel settore e sui risultati raggiunti in Italia, inserendoli nel contesto comunitario dove l’efficienza energetica continua a rappresentare una priorità, come confermato dall’adozione del pacchetto di misure legislative “Energia pulita per tutti gli europei” e, in particolare, dalla revisione della direttiva Ue sull’efficienza energetica e dalla direttiva Ue sulle prestazioni degli edifici, in linea con gli obiettivi energetici e climatici del 2030.

La buona performance dell’Italia in termini di risultati ottenuti nel settore è stata recentemente confermata da una valutazione indipendente dell’American Council for an Energy-Efficient Economy (ACEEE) che, analizzando i dati di 25 nazioni, pone l’Italia in vetta alla classifica a pari merito con la Germania, ma con una spesa pubblica assoluta e procapite inferiore.

“L’evento di oggi è un importante momento di confronto con i principali attori del settore sugli scenari futuri oltre che sulle misure utili al fine di confermare e superare i già importanti risultati raggiunti fino ad ora, come confermato dal primo posto dell’Italia nel rapporto ACEEE”, commenta il sottosegretario allo Sviluppo economico Davide Crippa. “L’efficienza è uno dei pilastri su cui si baserà la nostra politica energetica. Per questo sarà necessario impegnarsi ancora di più per rafforzare il nostro ruolo di guida nel settore per l’Unione europea. Vogliamo arrivare quanto prima ad una roadmap dell’efficienza che sia condivisa con gli operatori di settore e con la società italiana tutta per raggiungere e se possibile superare gli obiettivi recentemente stabiliti a livello europeo”, conclude Crippa.

“I risultati raggiunti dal nostro Paese nel settore dell’efficienza energetica confermano che le misure e gli strumenti adottati seguono la direzione intrapresa dall’Unione europea in materia di decarbonizzazione”, sottolinea il presidente dell’ENEA Federico Testa. “Per accelerare ulteriormente questo processo e centrare gli obiettivi comunitari, l’ENEA ha messo in campo una serie di azioni con ricadute significative per la riduzione dei consumi, la sicurezza e la gestione più razionale degli edifici pubblici e privati e il contrasto alla povertà energetica, fenomeno che colpisce sia in Italia che in Europa la parte più vulnerabile della popolazione.

Le attività di sensibilizzazione e supporto nei confronti del cittadino, delle imprese e della Pubblica Amministrazione, svolte dall’ENEA vanno incontro all’esigenza di realizzare effettivamente le opportunità offerte dall’efficienza anche in chiave occupazionale e di competitività”, conclude Testa.

Oltre al presidente Testa e al sottosegretario Crippa, hanno partecipato alla presentazione gli europarlamentari Simona Bonafé, promotrice dell’evento, Patrizia Toia, Theresa Griffin e Dario Tamburrano, il direttore generale della DG Energia della Commissione Ue, Dominique Ristori, e il responsabile Energy Services di Eni gas e luce, Giorgio Fontana.

È made in Italy il primo prototipo dell’Inner Vertical Target, uno dei tre componenti del divertore di ITER, il grande reattore per la ricerca sulla fusione nucleare in costruzione nel Sud della Francia. Realizzato da ENEA e Ansaldo Nucleare, servirà per assemblare il divertore, l’elemento più sollecitato dal flusso termico del plasma, composto da 54 moduli in grado di sopportare un flusso termico di 20 MW per mq e temperature che raggiungono i 2mila gradi centigradi.

AL’Inner Vertical Target servirà come “bersaglio” delle particelle prodotte in eccesso dal plasma per mantenere accesa la reazione di fusione nucleare, smaltire il calore e renderlo disponibile per la produzione di energia elettrica. Pesa 5 quintali concentrati in otto tubi di lega di rame lunghi 1,8 m ricoperti di blocchi di tungsteno, un materiale con alto punto di fusione, ottima conducibilità termica e alta resistenza. Il processo di costruzione messo a punto dall’ENEA si chiama Hot Radial Pressing (HRP): in pratica il tubo in lega di rame viene accostato al blocco in tungsteno, “gonfiato” con una pressione di 60MPa (600 bar) e contemporaneamente portato a una temperatura di 600 °C.

Oltre a consentire una saldatura in grado di sopportare le più estreme condizioni di carico, la tecnologia permette il mantenimento delle caratteristiche meccaniche dei tubi in rame e la perfetta geometria della superficie rivolta al plasma, evitando ulteriori costose e pericolose lavorazioni meccaniche.

“Le pressioni e le temperature a cui avviene la giunzione possono sembrare alte, ma sono in realtà le più basse utilizzate in tutti i metodi alternativi proposti per la realizzazione di questo stesso componente”, commenta Eliseo Visca, responsabile del Laboratorio Tecnologie Speciali dell’ENEA. “Grazie a un forno hi-tech progettato nei nostri laboratori e all’esperienza decennale nella ricerca sui controlli non distruttivi, nel nostro laboratorio di Frascati abbiamo prodotto, testato e controllato tutti i tubi rivestiti di tungsteno che compongono l’Inner Vertical Target, i cosiddetti Plasma Facing Unit, divenendo un’eccellenza in campo internazionale”, precisa Eliseo Visca.

Grazie a un contratto con F4E, l’agenzia Ue responsabile delle commesse europee per il programma ITER, Ansaldo Nucleare ha lavorato all’industrializzazione del processo brevettato da Enea e ha realizzato il prototipo nelle officine di Ansaldo Energia, a Genova Campi, con il contributo degli esperti dell’ENEA e dell’azienda Walter Tosto per parte delle lavorazioni di supporto.

Nel campo della produzione della componentistica ad alta tecnologia per la fusione, complessivamente l’industria italiana si è aggiudicata contratti del valore di 1 miliardo di euro, circa il 60% del totale delle commesse europee.

“Questo risultato rappresenta un grande successo per la ricerca e l’industria italiana e dimostra ancora una volta come il Paese sia competitivo a livello mondiale in un settore fortemente high-tech, con importanti ricadute scientifiche, economiche e occupazionali”, evidenzia Aldo Pizzuto, Direttore del Dipartimento Fusione e Sicurezza Nucleare dell’ENEA.