bim avanzato

Chi lavora nel settore edile e degli appalti pubblici, conosce certamente il BIM, acronimo di “Building Information Modeling“, tanto più che nel 2019 questo metodo è diventato obbligatorio, almeno per alcune tipologie di costruzioni.
Scopriamo in questa guida le caratteristiche e i vantaggi della cosiddetta “mondializzazione delle informazioni di costruzione“, che sempre più spesso lega tutte le professionalità che entrano in campo nelle opere a base di gara ma non solo.

Building Information Modeling: cos’è e a cosa serve

Era il 1987 quando in Italia si introdusse il primo esperimento di BIM, si potrebbe dire una sorta di beta test.
In quel momento venne progettata una costruzione del tutto virtuale tramite l’utilizzo di software.
Da allora sono stati introdotti molti cambiamenti nel sistema e il BIM si è sviluppato e perfezionato sempre più, tanto che oggi viene richiesto obbligatoriamente negli appalti pubblici, quando si ha a che fare con opere che superano i 50 milioni di euro.
Ciò significa che quando si avviano gare pubbliche con queste caratteristiche, queste devono essere “BIM strutturate“.
Il BIM serve nello specifico per realizzare una costruzione, pianificandone ogni aspetto e prevedendo ogni tipo di gestione prima in maniera virtuale.
Via via che il progetto viene ideato, un software raccoglie e struttura qualunque tipo di dato che riguarda la futura opera.
I dati vengono forniti in modo che alla fine si ottenga una rappresentazione in 3D dell’opera che sarà costruita fisicamente, e a questo progetto collaborano tutte quelle figure professionali che normalmente fanno parte del circuito, come architetti, ingegneri, geometri, costruttori e tutti coloro che hanno a che fare con la costruzione e la manutenzione dell’edificio o dell’opera.

Come si lavora con il BIM: la multiprofessionalità al suo massimo

Quando si deve realizzare un’opera come un edificio, esistono delle precise fasi del progetto che partono dalla progettazione, dalla stima dei costi, dalla valutazione del materiale, dall’impatto ambientale dell’opera, fino ad arrivare al modello vero e proprio che diventerà poi l’opera finita.
L’aspetto sorprendente del BIM è che è in grado di fornire previsioni e di progettare virtualmente in toto un edificio, e lo fa con l’uso di una piattaforma multimediale e multi-professionale.
Cominciamo con il fare alcuni esempi pratici di utilizzazione.

Nel BIM si potranno inserire:

  • I dati spaziali e geografici dell’opera che si andrà a realizzare;
  • I dati finanziari, cioè l’investimento che servirà per realizzare l’opera;
  • I dati elettrici dell’opera;
  • I dati meccanici della struttura;
  • I dati che riguardano i materiali che verranno impiegati e loro impatto sul suolo e sull’aria (eventualmente sull’acqua);
  • I dati legali legati ai permessi necessari o alle manutenzioni a norma di legge che serviranno;
  • I dati legati alla certificazione energetica e così via.

Si tratta quindi degli stessi dati che ciascun professionista sarebbe chiamato a fornire nel suo campo di applicazione, ma che in questo modo vengono letteralmente caricati su una piattaforma con notevole risparmio di tempo e maggiore accuratezza.
Si comprende quindi come nel settore degli appalti, per opere che richiedano investimenti di oltre 50 milioni, il BIM sia obbligatorio.
Opere di quel genere possono impattare notevolmente sull’ambiente fisico, economico ed industriale di una località, e in tal modo la Pubblica Amministrazione può prendere visione delle conseguenze dell’opera finita prima che questa venga realizzata.
Alla fine dell’inserimento dei dati, il sistema elabora il progetto in tutte le sue caratteristiche.

Applicazioni pratiche del Building Information Modeling

Sono molte le applicazioni che il BIM offre.
Come si è detto, nell’ambito delle opere pubbliche al di sopra di una certa soglia economica, il ricorso alla progettazione BIM è obbligatorio.
Ciò non vuol dire però che altri professionisti non possano usarlo, anzi.
A giudicare dai campi di applicazione si può dire invece che il BIM sia sempre più uno strumento imprescindibile di chi fa progettazione, soprattutto all’interno di studi associati che trovano nel Building Information Modeling la massima espressione della multidisciplinarità.

Il BIM trova impiego:

  • Nel settore edile: l’uso del BIM inizia con la richiesta di un’opera da parte di un committente (ad esempio un costruttore). Con il BIM si potranno, come spiegato in precedenza, inserire via via tutti i dati relativi alla costruzione dell’edificio, nonché quelli che riguardano permessi, adeguamento alle normative che permetteranno di attestare l’edificio in una certa classe energetica e quindi poi di usufruire di agevolazioni fiscali, e via dicendo;
  • Nel settore del cosiddetto facility management: con facility management ci si riferisce alla seconda fase che riguarda un’opera, e cioè la sua manutenzione. Il BIM quindi entra in gioco anche ad opera finita. Avere un prospetto in 3D di un edificio è chiaramente utilissimo per pianificare una manutenzione ordinaria e strutturare la modalità di intervento in caso di manutenzione straordinaria.

Come imparare ad usare il BIM

Imparare ad usare questo sistema naturalmente prevede delle competenze che possono essere trasferite solo da professionisti certificati e che siano in grado poi di rilasciare attestati validi.
Quindi, la risposta migliore alla domanda “come faccio ad imparare ad usare il BIM” può essere solo una: con un corso certificato per BIM.
Chi si avvicina al BIM naturalmente lo fa per motivi di lavoro, quindi proverrà da uno dei campi che ruotano intorno al settore edile.
Avrà di conseguenza delle competenze di base (laurea in architettura, diploma da geometra, o ancora esperienza nel campo delle costruzioni) oppure potrà seguire un corso base bim.
Queste, unite all’insegnamento in aula e poi all’applicazione sul campo, permetteranno di ottenere una specializzazione mirata e soprattutto una certificazione.

Un’ultima informazione sul BIM può essere utile per comprenderne appieno il valore.

Nonostante il BIM sia strutturato in modo da rendere attendibile il progetto finale, il sistema viene sottoposto a quello che si chiama Model Checking. Si tratta di un flusso di controllo composto da più passaggi, tutti finalizzati a verificare che ogni step sia eseguito nel modo corretto.
Per fare questo il sistema può subire un doppio controllo, sia interno sia ad opera di consulenti esterni.

milano

Regione Lombardia ha adottato il regolamento edilizio-tipo (RET) che recepisce l’Intesa tra Governo, Regioni e Autonomie Locali.

“Il regolamento edilizio tipo (RET) è da oggi patrimonio di Regione Lombardia che ne ha adottato ufficialmente lo schema tipo e le definizioni tecniche uniformi – ha commentato Foroni – Con oggi la semplificazione edilizia in Lombardia ha fatto dunque un deciso passo in avanti, e da oggi tutti i Comuni inizieranno a parlare la stessa lingua, potranno confrontarsi e far tesoro ognuno delle esperienze degli altri, anche in caso di sentenze del Tar in materia edilizia, che faranno giurisprudenza per tutta la Lombardia. Si tratta – ha concluso l’assessore – di un risultato di grandissima importanza che arriva alla fine di un percorso condiviso passo a passo con Anci Lombardia, nonché con le associazioni dei professionisti del settore e i costruttori edili. Percorso che abbiamo completato in tempi rapidi, come promesso all’inizio di questa legislatura”.

Procedure uniformi e rilancio del settore. Una semplificazione burocratica che ha anche l’obiettivo, oltre che di standardizzare le norme in tutti i Comuni lombardi facilitando così la vita di cittadini e professionisti, anche di favorire la valorizzazione delle risorse energetiche, rilanciare il settore edile e la rigenerazione urbana sostenibile. Con il recepimento di questa norma, infatti, si uscirà dalla complessità delle centinaia di regolamenti diversi per approdare finalmente ad uno schema di definizioni uniformi, metodi, procedure e tempi certi da seguire.

Tempi certi e incontri di accompagnamento sul territorio. I Comuni dovranno adeguarsi entro e non oltre 180 giorni e il mancato adeguamento comporterà comunque la diretta applicazione delle definizioni uniformi che prevarranno sulle disposizioni comunali. A tal fine l’assessore nei prossimi giorni scriverà una lettera a tutti i sindaci fornendo loro le prime indicazioni per procedere all’adeguamento. Inoltre sono stati già previsti quattro incontri di ‘accompagnamento’ sul territorio, uno a Milano e altri tre a Brescia, Lecco e Lodi. In queste sedi ai tecnici e amministratori comunali verrà fornito un testo commentato, per aiutarli a ridefinire i regolamenti edilizi.

Il Consiglio nazionale dei periti industriali e dei periti industriali ha inviato al ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio un pacchetto di proposte per alleggerire alcuni adempimenti burocratici che gravano su imprese e professionisti. Si tratta di una serie di misure in risposta ad un recente confronto tra il Cnpi e i tecnici del Mise, che puntano ad accrescere significativamente la rapidità e l’efficienza di numerosi processi e procedure, nell’ottica di semplificazione e a costo zero.

La priorità indicata dai periti industriali in materia di semplificazione riguarda l’attività degli studi professionali. Attività che se da un lato è stata, negli ultimi anni,progressivamente equiparata a quella imprenditoriale, dall’altro non è stata considerata nella sua specificità, con tutte le relative difficoltà ad applicare a questo mondo norme pensate per sistemi industriali più complessi.

Uno degli esempi è la normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il Testo Unico (Dlgs 81/2008), come è noto, ha imposto nuovi oneri in capo alle aziende in materia di salute e sicurezza sul lavoro, equiparando di fatto le realtà di piccole dimensioni a quelle più grandi. Tale provvedimento è risultato particolarmente gravoso per i professionisti che la nuova normativa ha allineato alle situazioni industriali più complesse, imponendo obblighi ed adempimenti oltremodo onerosi, in considerazione delle caratteristiche di tali attività e del minore livello di rischio per la sicurezza e la salute del lavoratore. E’ auspicabile pertanto un intervento che vada in direzione di un alleggerimento degli obblighi imposti agli studi professionali con meno di 5 dipendenti/collaboratori, in particolare per quanto attiene la nomina dell’RSPP, la designazione degli addetti al primo soccorso ed antincendio, e la nomina del medico competente.

Accesso a incentivi, sgravi e finanziamenti. La Legge di stabilità 2016, recependo quanto affermato dalla Commissione europea, ha esteso la possibilità di accesso ai bandi della programmazione dei fondi strutturali europei 2014/2020 anche ai liberi professionisti, riconoscendo così nell’attività libero professionale di tipo intellettuale il carattere di imprenditorialità che le è proprio. Tuttavia, il recepimento a livello regionale non è avvenuto in maniera omogenea, e tuttora persistono resistenze a considerare l’attività professionale in una logica di impresa, che impedisce di fatto di estendere ai professionisti le stesse opportunità di accesso a incentivi e finanziamenti che hanno le imprese. Prova ne è anche il recente provvedimento a supporto della digitalizzazione delle imprese italiane (voucher per la digitalizzazione) che ha visto esclusi i professionisti dalla misura.

Si chiede pertanto che vengano attivate da parte del Mise iniziative che, dal monitoraggio dei bandi all’individuazione di strumenti sanzionatori, oltre che semplificare, rendano possibile l’accesso dei professionisti alle opportunità di finanziamento per le attività imprenditoriali, sia a livello europeo che nazionale e regionale.

Nuova normativa sulla privacy. Il Regolamento UE 2016/679 (GDPR) entrato in vigore a fine maggio apre una nuova fase nella gestione e nel trattamento dei dati anche per gli studi professionali, imponendo un ripensamento complessivo nella gestione della loro sicurezza. E’ auspicabile anche da questo punto di vista un alleggerimento degli obblighi imposti dalla normativa, data la natura di molte attività professionali, in particolare di tipo tecnico ingegneristico, per quanto attiene a comunicazioni sulla conservazione dei dati trattati, delle modalità di gestione e conservazione degli stessi, e richiesta del consenso.

Al secondo punto delle priorità il Cnpi individua il tema delle norme tecniche per la sicurezza. Molti provvedimenti prevedono infatti oltre a specifiche competenze in capo a professionisti o altri soggetti in materia di progettazione e collaudo, anche controlli da parte degli organismi pubblici che devono verificarne la corretta applicazione. Si tratta di un ambito fondamentale per la vita dell’azienda, in considerazione dell’impatto che tali normative hanno sul tema della salute e della sicurezza dei lavoratori, ma che può risultare eccessivamente complesso da gestire date la specificità delle competenze tecniche richieste per l’applicazione, i limiti posti da talune normative, i ritardi che spesso caratterizzano le attività di controllo da parte degli organismi preposti.

In questo senso i periti industriali propongono interventi di tipo puntuale, con riferimento a specifiche normative.

  • Il Dm 1.12.1975 “Norme di sicurezza per apparecchi contenenti liquidi caldi sotto pressione” impone alle Aziende installatrici l’obbligo di denuncia degli impianti termici contenenti liquidi caldi sotto pressione, prevedendo una serie di passaggi -tra approvazione del progetto e omologazione- particolarmente farraginosi da parte degli enti preposti (Inail, Aziende sanitarie). Si propone pertanto di affidare i compiti di controlli anche ai professionisti abilitati, indipendenti, iscritti agli albi professionali (periti industriali ed ingegneri), per semplificare e accorciare i tempi dell’iter di omologazione degli impianti.

  • Il Dm 37/2008 in materia di installazione degli impianti all’interno degli edifici prevede la figura del Responsabile Tecnico dell’impresa per garantire di livelli di sicurezza, un ruolo che le pmi non sempre possono garantire stabilmente. Per agevolare l’applicazione della normativa si propone pertanto che questa figura possa svolgere tale ruolo anche per più imprese di modeste dimensioni (max 15 addetti) e per un massimo (5) di aziende. Per le stesse ragioni si propone inoltre che tale figura possa essere coperta da liberi professionisti autonomi, iscritti ai rispettivi albi (periti industriali ed ingegneri) abilitati nel settore impiantistico in cui l’impresa è operante.

  • Il Dpr 462/01 “Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi” semplifica le procedure di denuncia e di verifica degli impianti (D.P.R. 27 aprile 1955) imponendo l’obbligo, a carico al Datore di Lavoro, di far eseguire le verifiche periodiche biennali o quinquennali sugli impianti elettrici, da parte di diversi organismi (Asl o Arpa, Organismi di ispezione, enti privati appositamente autorizzati che rilasciano attestati di verifica in alternativa alle ASL).

Per semplificare i compiti del datore di lavoro nell’applicazione della normativa, offrendo un ampio scenario di disponibilità e favorendo i criteri di concorrenza, si propone che, oltre agli Organismi di ispezione già previsti (che si avvalgano di tecnici abilitati iscritti ai rispettivi albi professionali), le verifiche possano essere svolte anche da liberi professionisti iscritti ai rispettivi albi professionali, stabilendo l’incompatibilità nel caso di consulenti, progettisti incaricati o che abbiano altri rapporti con l’azienda interessata dalle verifiche.

Riduzione dei tempi per i permessi di costruzione. Il permesso di costruzione costituisce, tra tutti i vari adempimenti necessari ad effettuare interventi di tipo strutturale da parte delle imprese, quello più oneroso in termini amministrativi (secondo il Report Doing Business sono necessari 135 gg. per ottenerlo). Sulla scorta delle semplificazioni avvenute con la Scia si propone che il processo già avviato possa essere completato eliminando il titolo provvedimentale (PdC) a favore della “SCIA in sostituzione del Permesso di Costruire”. Tale iniziativa consentirebbe tecnicamente di abbattere fortemente i tempi di rilascio, in una logica di semplificazione nel rapporto tra PA ed imprese. Di contro, si restituirebbe ai tecnici dipendenti della PA la responsabilità di controllo ad esempio sulla Certificazione di agibilità degli immobili (atto che conclude definitivamente il processo edilizio) a garanzia della correttezza dello stesso che invece in questo momento con la SCIA di Agibilità, vede oggi la possibilità di sovrapposizione dei ruoli di controllore e controllato nella stessa figura del libero professionista.

Tra gli interventi indicati: rafforzare il ricorso alla Mediazione civile e commerciale allargando lo spettro delle materie oggetto di mediazione obbligata in ambito commerciale il cui giudice naturale è il Tribunale delle Impresa, a pena di improcedibilità del relativo giudizio. In questo senso si propone di raddoppiare le spese di soccombenza a carico delle imprese che non accettano di entrare in mediazione su invito della parte diligente, prevedere la compensazione strutturale delle imposte dovute dalle imprese con i crediti commerciali che le stesse vantano nei confronti della Pa, adottare l’equo compenso dei professionisti, cioè un provvedimento che, fissando dei parametri di riferimento relativi a singole prestazioni, consenta alle imprese di orientarsi al meglio all’accesso ai servizi professionali, con ciò semplificando il rapporto tra imprese e professionisti regolamentati.

Infine il Cnpi propone la creazione di una struttura di raccordo, in seno alle Camere di commercio, tra i servizi offerti dai professionisti e le esigenze delle imprese italiane con il compito di anticipare le richieste dei mercati sugli argomenti di innovazione e sensibilizzare le imprese sugli stessi.

Oltre un terzo degli intervistati trascorre sempre più tempo in casa. Secondo i fati dell’osservatorio sulla casa l’abitazione è diventato anche il luogo dove si lavora

Presentati a Milano i risultati dell’Osservatorio sulla Casa 2018, l’indagine annuale di Leroy Merlin che studia i comportamenti, gli stili, le abitudini degli italiani nei confronti dell’abitazione. Una ricerca realizzata da Habitante in collaborazione con l’Unione dei consumatori, che giunta alla sua quinta edizione è in grado di fotografare le trasformazioni in corso nel mondo dell’abitare offrendo agli addetti ai lavori del settore un utile strumento di lettura sulle tendenze in atto che stanno modellando la casa del futuro.

Lo studio è frutto di oltre 2000 interviste che hanno permesso di ottenere un campione rappresentativo della popolazione italiana focalizzato sui responsabili delle scelte relative alle opere di abbellimento e ristrutturazione delle abitazioni. Come anche nelle precedenti edizioni si è partiti dai cinque elementi portanti di una casa ideale, i pilastri su cui ogni abitazione si regge perché la casa per gli italiani deve essere comoda da vivere adattandosi alle nuove esigenze della società in trasformazione (per il 76% degli italiani); la casa deve aiutare a risparmiare con il controllo delle spese di manutenzione e dei consumi (72%); la casa deve rappresentare un ambiente sano (68%); la casa deve rispettare l’ambiente in cui viviamo integrandosi con il paesaggio, offrendo il minor impatto possibile sul territorio ed essendo ecosostenibile (58%); infine la casa moderna deve essere anche smart, intelligente e innovativa (36%).

L’evoluzione dei pilastri nel corso del tempo mostra la tendenza in atto nel nuovo concetto di casa. La casa smart non decolla e la gestione innovativa della casa fatica ad emergere.

Tutto l’ambito del controllo a distanza, se attira una certa fetta di persone, comporta però un impatto sulla privacy e in alcuni casi le persone si sentono inadeguate o hanno timore nel gestire le nuove modalità.

In arrivo per l’Emilia-Romagna quasi un sesto del Fondo nazionale per abbattimento delle barriere architettoniche, rifinanziato dopo 14 anni di stop. Il riparto in Conferenza delle Regioni

Superano i 29 milioni di euro le risorse destinate all’Emilia-Romagna per abbattimento delle barriere architettoniche: quasi un sesto dei finanziamenti assegnati a livello nazionale, che complessivamente ammontano a 180 milioni.

Il riparto, deciso nei giorni scorsi a Roma in Conferenza unificata, vale per quattro anni (2017-2020) e permetterà di finanziare le domande di contributo che, nell’ambito delle graduatorie comunali, risultavano inevase a marzo 2017: in Emilia-Romagna sono 8.664. Si tratta di interventi finalizzati ad abbattere tutti quegli ostacoli domestici presenti in appartamenti o spazi comuni dei palazzi – come una scala, un gradino, una rampa ripida, oppure corridoi e servizi troppo stretti – che limitano o impediscono l’autonomia dei disabili. Lo schema di decreto approvato per la ripartizione dei contributi prevede la suddivisione delle risorse tra tutte le Regioni che hanno presentato il fabbisogno inevaso, in base alla legge 13/1989: quella che istituì il Fondo speciale per l’eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati, rifinanziata oggi dopo 14 anni di stop. E proprio per supplire alla mancanza di contributi statali, l’Emilia-Romagna nel 2014 creò un proprio fondo regionale, assegnando a Comuni e loro Unioni 6 milioni di euro in tre anni (dal 2015 al 2017), per finanziare questo tipo di interventi.

Dopo la firma del decreto, che sarà pubblicato sul sito del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ed entrerà in vigore quindici giorni dopo, le risorse destinate all’Emilia-Romagna saranno ripartite tra i Comuni del territorio, che potranno far scorrere le graduatorie a partire dalle situazioni di maggiore gravità.

Gli interventi finanziati con l’ultimo bando regionale Nel 2017 la Regione, sulla base di uno specifico bando, ha finanziato con 2 milioni di euro le opere per abbattimento delle barriere architettoniche domestiche, quindi in abitazioni o nelle parti comuni degli edifici di residenza. Sono 633 le famiglie che hanno ricevuto i contributi per la realizzazione degli interventi: 491 hanno riguardato persone totalmente invalide e 142 quelle con un’invalidità parziale.

Fonte: UnioneIngegneri.com