Come diventare coordinatore alla sicurezza

Il D.Lgs 81/2008 tratta anche le normative relative alla sicurezza nei cantieri edili. In questi luoghi di lavoro, infatti, non solo vi sono numerosi rischi per la salute dei lavoratori, ma spesso più aziende guadagnano l’appalto del cantiere e devono collaborare nello stesso luogo.

Ciò significa che, in merito alla sicurezza, serve una figura professionale che si preoccupi di coordinare le varie attività del cantiere, con un occhio di riguardo all’incolumità degli addetti.

Per ridurre considerevolmente i rischi legati al lavoro nei cantieri edili, il D.Lgs 81/2008 ha introdotto due figure fondamentali: i coordinatori della sicurezza nei cantieri.

I coordinatori sono di due tipi: CSP e CSE, ovvero rispettivamente il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione.  Il coordinatore per la progettazione ha il compito di redigere il POS, Piano Operativo di sicurezza, dove sono previsti i rischi specifici legati alle operazioni in cantiere.

Invece, il coordinatore della sicurezza in fase esecuzione deve preoccuparsi dell’attuazione di questo piano.

Requisiti Minimi del Coordinatore per la Sicurezza

Trattandosi di figure professionali molto importanti per la sicurezza nei cantieri, i coordinatori per la sicurezza devono presentare dei requisiti minimi, come specificato nel Testo Unico per la Sicurezza:

  • Aver conseguito almeno il diploma di Geometra, Perito industriale, Perito agrario, Perito Agrotecnico o una laurea triennale o magistrale in facoltà come Scienze dell’Architettura e dell’Ingegneria Edile, Ingegneria dell’Informazione, Ingegneria Civile e Ambientale e molte altre simili;
  • Aver maturato esperienza documentata nel settore delle costruzioni (edilizia)
  • Aver concluso un Corso per Coordinatore della Sicurezza con verifica finale dell’apprendimento.

Il corso di Coordinatore della Sicurezza CSP CSE

Tra i requisiti minimi per diventare coordinatori per la sicurezza sui cantieri, vi è il corso di coordinatore della sicurezza CSP CSE.

Per conseguire l’attestato è necessario frequentare 120 ore di apprendimento con verifica finale delle conoscenza acquisite. Il corso può essere organizzato dalle regioni, dall’ISPESL, dall’INAIL, dall’Istituto italiano di medicina sociale, dagli ordini o collegi professionali, dalle Università, oppure ancora dalle Associazioni Sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o da Organismi paritetici istituiti nel settore dell’edilizia.

Il corso prevede una parte teorica e una pratica ed è quindi fondamentale la presenza in aula.

Nomina del Coordinatore della Sicurezza CSP CSE

Quando si decide di costruire qualunque edificio, vi è sempre un committente, ovvero colui che richiede il lavoro e che sceglie anche a quali aziende affidarsi per ultimare il progetto. La nomina del coordinatore della sicurezza per la progettazione e il coordinatore sicurezza per l’esecuzione è obbligatoria qualora nel cantiere vi siano due o più imprese esecutrici.

La nomina non è, invece, necessaria quando il committente si affida a una sola impresa esecutrice. Anche nel caso in cui vi sia un’impresa affidataria che subappalta i lavori ad un’altra impresa non è necessaria la nomina di coordinatore della sicurezza. Tuttavia, in quest’ultimo caso, la prima impresa, quella che offre il subappalto, non deve mai presentarsi in cantiere.

Inoltre, vi è un altro caso in cui la nomina del CSP non è necessaria: quando i lavori privati sono di importo inferiore ai 100.000 euro. Nel caso appena illustrato, è sufficiente nominare un CSE.

La nomina dei coordinatori per la sicurezza è responsabilità del committente del lavoro. Anche se i coordinatori per la sicurezza sono gli stessi per tutte le imprese coinvolte nei lavori, ognuna di loro avrà il suo personale Piano Operativo di sicurezza, in quanto ognuna delle mansioni potrebbe presentare dei rischi diversi.

insegnare con metologia clil

La sigla CLIL significa Content and Language Integrated Learning. Si tratta di una metodologia che porta all’apprendimento integrato di competenze linguistico comunicative e disciplinari, in lingua straniera.

Quando si decide di studiare in determinate scuola italiane o nel mondo, oppure di trasferirsi all’estero per cercare nuove opportunità di lavoro, un requisito fondamentale è la conoscenza delle lingue straniere. A maggior ragione, questo requisito è fondamentale se una persona desidera insegnare una disciplina scolastica in lingua straniera.

Per fare questo, servono delle certificazioni valide e riconosciute a livello europeo, le quali attestino le competenze didattiche e linguistiche dell’insegnante.

Il corso CLIL è una certificazione che si ottiene a seguito di un corso dedicato all’apprendimento dell’insegnamento delle materie scolastiche in lingua straniera. Non si tratta dell’insegnamento di una lingua straniera in senso stretto, in cui si studia la grammatica, il lessico e la morfologia della lingua stessa, ma di affrontare una materia, solitamente umanistica, in lingua straniera.

A chi serve il CLIL?

Il CLIL è fondamentale per quelle figure professionali che desiderano insegnare materie curriculari della scuola secondaria in lingua straniera. Quindi, è rivolto a:

  • Docenti e aspiranti docenti di discipline non linguistiche di scuole secondarie di II grado
  • Docenti di lingua straniera di scuole secondarie di I e di II grado
  • Docenti della scuola primaria che desiderano introdurre il CLIL in via sperimentale nelle proprie classi
  • Laureati che vogliono diventare insegnant,i come quelli appena citati.

Requisiti minimi per accedere al CLIL

Per accedere all’approccio CLIL, bisogna almeno aver conseguito la laurea magistrale o specialistica, conseguita secondo l’ordinamento antecedente e successivo al DM 509/99.

Inoltre, l’insegnante che desidera accedere all’approccio CLIL dovrà possedere competenze linguistico-comunicative nella lingua straniera veicolare almeno a livello B2 o C1.

Infine, dovrà essere anche in possesso di competenze metodologico-didattiche acquisite attraverso un corso di perfezionamento erogato da un Università, che offra almeno 60 crediti formativi.

Il corso CLIL

Il corso CLIL consente di ottenere l’omonima certificazione riconosciuta dal MIUR. Questa attesta le competenze acquisite per l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera e serve in caso di graduatorie scolastiche, concorsi pubblici, ma anche lezioni private e insegnamento in alcune scuole straniere.

Il programma del corso si divide principalmente in tre aree:

  1. Basi psicopedagogiche di didattica
  2. Fondamenti di linguistica e applicativi per imparare a insegnare secondo l’approccio CLIL
  3. Conoscenza della lingua straniera e il suo approfondimento

Il corso di concluderà poi con una prova finale. Questa consisterà nell’elaborazione e discussione di una tesi basata su una lezione CLIL in una specifica disciplina non linguistica.

Durante il corso, invece, saranno previste delle verifiche dell’apprendimento. Esso ha una durata di 1500 ore con 60 crediti formativi previsti. Al termine di questo lasso di tempo, il candidato otterrà il Diploma di Corso di Perfezionamento in “Metodologia CLIL e didattica dell’insegnamento”.

Vantaggi del CLIL per gli studenti

  • Il metodo CLIL può essere applicato in diverse classi scolastiche
  • Consente di apprendere allo stesso tempo una lingua straniera e una materia scolastica
  • Motiva l’alunno a utilizzare la lingua straniera in classe, stimolando l’apprendimento della stessa e anche la comunicazione
  • Offre un approccio multiculturale e multidisciplinare del sapere
  • Si tratta di un approccio più coinvolgente e che suscita anche maggiore interesse negli alunni.
coordinatore della sicurezza

Nel D.Lgs 81/2008 sono specificati anche gli adempimenti riguardo la sicurezza nei cantieri edili. Si tratta di un tema molto importante che non bisogna sottovalutare, perché purtroppo questi luoghi di lavoro presentano non poche insidie.

Per ridurre considerevolmente i rischi legati al lavoro nei cantieri edili, il Decreto ha illustrato obblighi e responsabilità delle varie figure che devono essere nominate e a cui compete la tutela dei lavoratori.

Vediamo, nei prossimi paragrafi, chi sono i coordinatori della sicurezza nei cantieri e quali sono le loro responsabilità.

CSP e CSE: i ruoli

CSP è la sigla che si riferisce alla figura del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione, mentre CSE indica il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione. Queste due figure, come esplicitato nel Decreto, hanno la responsabilità della tutela dei lavoratori in cantiere. Il loro compito principale è quello di pianificare le attività in modo da far emergere, già in questa fase, le scelte tecniche e organizzative più efficaci a garantirne lo svolgimento in sicurezza.

In questo modo, i rischi legati al lavoro si fanno più prevedibili e mitigabili. Essi devono inoltre redigere il POS, Piano Operativo di sicurezza, dove sono raccolti i rischi specifici legati alle operazioni in cantiere.

Per produrre questo documento, il coordinatore per la progettazione deve individuare le fasi dei lavori ed effettuare l’analisi dei rischi presenti. I rischi di cui si deve preoccupare sono quelli che hanno rilevanza in termini di danno atteso.

Il coordinatore della sicurezza in esecuzione, invece, si preoccupa dell’attuazione di questo piano. Si tratta della figura che segue l’andamento dei lavori, vigila ed interviene per riprogettare la sicurezza quando necessario.

Non sono necessarie entrambe le figure professionali quando si è in presenza di una sola impresa in cantiere. A questo punto, è il datore di lavoro a dover garantire la sicurezza dei lavoratori nell’ambito della propria organizzazione attraverso l’analisi dei rischi e la stesura del POS.

In cantiere ci sono più imprese: come funziona?

Può succedere che il committente del lavoro appalti i lavori a più imprese esecutrici. Per non parlare poi della possibilità di rivolgersi ad aziende subappaltatrici. Come ci si regola in questi casi?

Come già detto, vengono designati, dal committente dei lavori, un coordinatore per la progettazione e uno per l’esecuzione dei lavori. Ognuna delle due imprese avrà il suo personale POS in base ai rischi legati alle lavorazioni. Questo perché l’analisi dei rischi specifici propri dell’impresa non rientrano tra gli obblighi del CSP.

Una volta cominciati i lavori, il CSE si occupa della vigilanza di tutte le imprese coinvolte. Un altro suo compito è quello di valutare le proposte delle imprese esecutrici in merito al miglioramento della sicurezza in cantiere.

RLS quando va nominato

All’interno del D.Lgs. 81/2008, vi sono anche le indicazioni per eleggere uno o più Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) in azienda.

Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è il portavoce dei lavoratori all’interno di un’azienda. Viene eletto dai lavoratori e rimane in carica, di norma, per 3 anni. Alla scadenza di questo periodo, può essere eletto di nuovo.

Eleggere un RLS è obbligatorio?

L’elezione di un Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è obbligatoria in ogni azienda con almeno un lavoratore. Nelle aziende che non superano i 15 lavoratori, l’RLS viene designato scegliendo un membro dello staff interno, mentre, quando si supera questa cifra, solitamente si preferisce eleggere l’RLS tra le rappresentanze sindacali.

Un altro adempimento a cui bisogna prestare attenzione è il numero di rappresentati dei lavoratori da eleggere, il quale varia in base alla formazione aziendale:

  • si elegge un solo Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza in aziende con al massimo 200 lavoratori;
  • si eleggono tre Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza in aziende con al massimo 1000 lavoratori;
  • si eleggono sei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza in aziende più di 1000 lavoratori.

L’elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza avviene di norma in corrispondenza della giornata nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro (in Italia è il 28 aprile).

L’elezione di un Rappresentante dei Lavoratori è un diritto dei dipendenti aziendali, ma non è un obbligo. L’articolo 47 del D.Lgs 81/2008 infatti non specifica l’esistenza di sanzioni in merito alla mancata elezione di questa figura.

Le sanzioni scattano solo nel caso in cui il Datore di lavoro non richieda il nominativo del Rappresentante scelto dai lavoratori. A questo punto, l’INAIL assegnerà Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza Territoriale.

Chi è l’RLS?

Secondo l’articolo 50 del D.lgs. 81/08, l’RLS ha dei compiti specifici:

  • affianca il Datore di Lavoro nella valutazione dei rischi;
  • affianca il Datore di Lavoro sulla designazione del RSPP, degli addetti antincendio, degli addetti al Primo soccorso e del medico competente;
  • viene consultato in merito all’organizzazione della formazione e ispezioni;
  • verifica che le misure di prevenzione e protezione dai rischi siano idonee a garantire l’incolumità dei lavoratori. In caso contrario, è autorizzato a contattare le autorità competenti;
  • può consultare il documento valutazione dei rischi e accedere ai luoghi in cui si svolgono le lavorazioni;
  • può approfittare di un monte ore di permessi retribuiti per agevolare lo svolgimento della sua attività.

Quando non si elegge un RLS?

L’RLS si può non eleggere solo in alcuni casi:

  • Imprese familiari
  • Aziende dove sono impiegati solo lavoratori a progetto
  • Lavoratori a domicilio.

Obblighi del Datore di Lavoro nei confronti dell’RLS

Il Datore di lavoro ha l’obbligo di formare l’RLS e di comunicare all’INAIL su chi è ricaduta la scelta.

Il corso di formazione per RLS consiste in 32 ore, con corso di aggiornamento RLS annuale di sole 4 ore. Queste lezioni vertono su argomenti legati alla sicurezza sui luoghi di lavoro: prevenzione dei rischi, principi giuridici comunitari in materia di salute e sicurezza sul lavoro, obblighi delle varie figure professionali, comunicazione tra dipendenti e dirigenti.

La formazione dell’RLS può avvenire anche a distanza, in quanto non sono previste esercitazioni pratiche.

Per quanto riguarda la comunicazione dell’elezione all’INAIL, il datore di lavoro è obbligato a renderla nota tramite via telematica, come specificato dall’articolo 18 del decreto legislativo 81/2008.

Importanza del corso Antincendio

Il Decreto Legislativo 81/08 rende obbligatorio lo svolgimento di corsi antincendio in azienda, in modo da preparare i lavoratori designati, cioè quelli incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione e gestione degli incendi, affinché sappiano come reagire di fronte alle emergenze.

L’obiettivo dei corsi è formare i dipendenti incaricati della gestione delle emergenze, in modo che reagiscano prontamente, e indichino ai colleghi di lavoro le attività necessarie per mettersi in salvo ed evitare incidenti.

Obblighi del datore di lavoro

Il datore di lavoro deve obbligatoriamente designare i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, nonché provvedere alla formazione del personale.

Deve quindi organizzare dei corsi antincendio con l’ausilio di aziende dedicate alla formazione dei lavoratori, come Agatos Service.

Questi possono essere di diverso tipo in base alle dimensioni e alla tipologia dell’azienda.

A seconda di queste due variabili, i corsi si dividono in:

  1. Corso Antincendio Rischio Basso
  2. Corso Antincendio Rischio Medio
  3. Corso Antincendio Rischio Alto
  4. Corso di Aggiornamento Antincendio

Il datore di lavoro può affidarsi al servizio di prevenzione e protezione (SPP) per individuare i lavoratori più adatti per il compito di responsabili dell’emergenza e anche per valutare le condizioni dell’azienda.

Cosa insegna il corso antincendio

L’importanza del corso antincendio risiede proprio negli argomenti che vengono trattati: se opportunamente formati in base al programma didattico, i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione e lotta contro gli incendi possono davvero fare la differenza durante una situazione critica.

Essi possono guidare i propri colleghi, durante l’emergenza, per raggiungere in fretta le uscite e spingerli ad adottare i comportamenti più corretti. Il rischio è sempre quello che le persone si lascino prendere dal panico e adottino comportamenti disordinati che peggiorano ulteriormente la situazione.

Grazie ai corsi antincendio, i lavoratori possono apprendere le prime manovre da attuare in caso di emergenza, in modo da salvare la vita ai colleghi e a se stessi.

I corsi affrontano argomenti simili, ma più complessi a mano a mano che si innalza il livello di rischio presente in azienda. Ogni impresa, infatti, viene individuata da un codice ATECO a cui corrisponde poi un determinato corso.

Ogni corso antincendio prevede una parte teorica, che affronta le situazioni più comuni che si verificano durante gli incendi e illustra come mitigarle. Vengono presentati i dispositivi di protezione e di lotta contro le fiamme, come gli estintori e altre misure di prevenzione.

Dopo una prima parte teorica, si passa alla pratica, che consiste in esercitazioni e simulazioni di incendio.

Il personale viene quindi addestrato per prepararsi ad affrontare le situazioni di emergenza più comuni e ad adottare i comportamenti più corretti.

Al termine di ogni corso, i lavoratori vengono sottoposti a una verifica di apprendimento.

Durata dei corsi antincendio

La durata di un corso antincendio varia a seconda della classificazione del rischio aziendale. Per la formazione degli addetti a rischio basso, la durata minima prevista è di 4h, per i rischi medi di 8h ed elevati 16h. Questi corsi, richiedendo una parte pratica, non possono essere svolti da remoto, ma solo in aula. Tuttavia, fa eccezione solo il corso antincendio a basso rischio che può essere svolti anche in videoconferenza.

E’ importante poi che i lavoratori svolgano corsi di aggiornamento ogni tre anni e acquisiscano un attestato, in conformità a quanto richiesto dal D.Lgs. 81/08.

corso di primo soccorso

Il D. Lgs 81/2008 riporta le disposizioni circa le modalità di primo soccorso all’interno di un’azienda e disciplinano gli obblighi del datore di lavoro su questo tema.

In particolare, è l’articolo 45 a illustrare tutte le modalità per organizzare al meglio e secondo la legge, le manovre di primo soccorso in azienda.

Obblighi del datore di lavoro

Il datore di lavoro ha l’obbligo di prendere i provvedimenti necessari in materia di primo  soccorso e di assistenza medica di emergenza, accordandosi con il medico competente, se nominato. Il datore di lavoro dovrà tenere conto della tipologia e delle dimensioni della sua azienda per adempiere ai propri obblighi al meglio.

I requisiti minimi per essere in regola riguardano la strumentazione di primo soccorso e la formazione del personale, le quali devono essere adeguate per un intervento immediato ed efficace.

Il datore di lavoro ha quindi l’obbligo di redigere un piano aziendale di primo soccorso in cui vengano illustrati i compiti dei lavoratori e i comportamenti da assumere in caso di emergenza.

Questo piano di primo soccorso deve essere ovviamente condiviso con i lavoratori dell’azienda, insieme alle direttive sui numeri di emergenza e la strumentazione di cui l’impresa è dotata.

L’ultimo passaggio per essere in regola è organizzare degli incontri formativi con i membri dello staff aziendale.

Perché è importante il primo soccorso in azienda?

Individuare gli addetti al primo soccorso in azienda e formarli, al fine di garantire un intervento pronto ed efficace, significa anche garantire una prima gestione ordinata ed efficiente dell’emergenza.

Gli addetti vengono selezionati in numero proporzionale ai lavoratori totali dell’azienda e sono sottoposti a un percorso formativo, sia teorico e pratico.

Le conoscenze principali che acquisiranno questi addetti saranno legati al riconoscimento emergenza sanitaria e all’intervento di primo soccorso. Conoscere come operare in queste situazioni è fondamentale per non complicare ulteriormente l’emergenza e per fornire un primo supporto ai colleghi in attesa dei soccorritori.

I corsi di primo soccorso offrono degli scenari che potrebbero davvero accadere nel corso di un’emergenza, per insegnare agli addetti a come mitigare il pericolo e offrire un primo soccorso alle vittime. Simulano poi quelle situazioni che vanno evitate, gli errori più frequenti che possono mettere in pericolo le persone e le emergenze che richiedono prontezza.

Questo rende i lavoratori preparati ad affrontare una potenziale situazione di rischio o pericolo. La preparazione degli addetti aiuta a mitigare il senso di confusione che si crea nei momenti di emergenza e a supportare altre persone che sono coinvolte nel drammatico evento.

L’intervento di un lavoratore preparato può davvero fare la differenza per la vittima di un incidente sul lavoro. In attesa dei soccorritori, un dipendente potrebbe, per esempio, riportare una vittima alla corretta respirazione e salvarle la vita.

Le situazioni di emergenza possono essere davvero le più disparate ed è per questo che il datore di lavoro non può sottovalutare alcun dettaglio all’interno della sua azienda. La valutazione dei rischi deve essere presa con impegno e non vissuta come un mero obbligo. Una disattenzione, infatti, potrebbe costare la vita a un lavoratore e danneggiare irrimediabilmente l’azienda.

Quali rischi valutare nei luoghi di lavoro

La valutazione dei rischi sui luoghi di lavoro mira a raccogliere informazioni circa tutte le fonti di pericolo presenti in un’impresa, azienda, attività, ufficio ecc. che possano causare danni alla salute dei lavoratori.

I rischi che un’azienda presenta sono diversi in base alle attività svolte. Per esempio, i lavoratori all’interno di un ufficio sono esposti a pericoli differenti rispetto a quelli di una falegnameria. Tuttavia, a prescindere dal tipo di attività, è obbligatorio che il datore di lavoro esamini attentamente i potenziali rischi presenti nella propria azienda.

Alla fine di questa valutazione, il datore di lavoro si impegna a redigere un documento, il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) che va periodicamente aggiornato, ricorrendo determinate condizioni. Deve essere per legge registrato su un supporto informatico e contenere data certa e la firma del datore di lavoro, del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e del medico competente, ove sia stato nominato.

Quali sono i rischi e i pericoli che vanno valutati nella redazione del DVR?

Pericoli e rischi legati al posto di lavoro

L’analisi e la valutazione dei rischi presenti sul posto di lavoro servono per garantire un ambiente di lavoro sicuro e lontano dai pericoli.

Innanzitutto, distinguiamo il rischio dal pericolo:

  1. Il rischio è il prodotto derivante dalla probabilità che accada un evento e le sue conseguenze;
  2. Il pericolo è un oggetto o una situazione che può recare danno.

Per realizzare il DVR è bene tenere conto di entrambi e comprendere quali siano i lavoratori maggiormente esposti. Rischi e pericoli su un luogo di lavoro dipendono dall’ambiente, dalle attrezzature, dalle attività svolte, dalle materie prime che si trattano, dalle condizioni del luogo, dai macchinari e molto altro.

Partendo da questa premessa, sono individuabili diversi rischi sul luogo di lavoro: meccanici, elettrici, chimici, biologici, fisici, incendio ed esplosione, ergonomici, organizzativi, psico-sociali.

E’ bene non sottovalutare alcun dettaglio, mentre si esaminano questi possibili pericoli. Di alcuni, il datore di lavoro potrebbe non rendersene conto subito. Per esempio, un’areazione scorretta dell’ambiente di lavoro potrebbe causare influenza o raffreddori costanti nei lavoratori durante la stagione invernale.

E’ vero, non si tratta di un rischio grave come una contaminazione chimica o un incendio, ma va a nuocere alla salute del lavoratore e alla produttività dell’azienda.

E’ bene, dunque, non dare nulla per scontato e registrare nel DVR qualsiasi fonte di rischio o pericolo presente in azienda.

Aggiornamento DVR

Il documento di valutazione dei rischi è da aggiornare ogni volta che avvengono dei cambiamenti nell’ambiente di lavoro, trasferimenti, aggiunta di nuovi settori produttivi e molto altro.

Valutazione dei sistemi di prevenzione

Il DVR serve per predisporre strategie di prevenzione ed educazione del personale, affinché non si verifichino danni. E’ bene prendere le misure necessarie per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori, ma anche la produttività dell’impianto.

Questo si traduce con corsi di formazione in materia di sicurezza sul lavoro e l’adozione di strumenti di protezione personale.

Queste misure vanno poi verificate e migliorate, con la conseguente modifica del Documento di Valutazione dei Rischi.

lavoratori formazione normativa

La formazione dei lavoratori appena assunti in un’azienda è obbligatoria, come previsto dal D.Lgs 81/08.

In particolare, l’articolo 37 del Decreto enuncia che il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche.

E’ fondamentale che i lavoratori siano istruiti, al fine di acquisire competenze inerenti ai concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza oltre che ai rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione, caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.

La formazione dei neoassunti è quindi un passaggio obbligatorio, che riduce al massimo il rischio di incidenti e disguidi sul posto di lavoro e che prepara i nuovi lavoratori a operare in un ambiente sicuro. Riducendo al minimo il rischio di incidente, inoltre, è più semplice evitare spese eccessive per l’azienda che può, quindi, ottimizzare la produttività.

Vediamo, quindi, gli obblighi del datore di lavoro secondo l’articolo 37 del D. Lgs 81/08.

Entro quanto tempo deve essere effettuata la formazione dei lavoratori secondo il D.Lgs 81/08?

Nell’Accordo Stato Regioni del 21/12/2011 emerge l’obbligo per il datore di lavoro di formare i neo assunti anteriormente all’assunzione. Tuttavia, questo non è sempre possibile.

Il datore di lavoro, in questo caso, deve quindi formare i propri lavoratori entro un massimo di 60 giorni dopo l’assunzione. Questo solo se il datore di lavoro dimostra l’impossibilità di stabilire il percorso di formazione di ogni lavoratore prima dell’assunzione.

Il lavoratore deve quindi concludere il suo percorso di formazione entro questo lasso di tempo. I corsi devono avvenire durante l’orario di lavoro e non possono comportare costi a carico dei lavoratori.

Il consiglio è quello di cominciare il percorso formativo prima dell’effettivo inserimento in azienda.

I corsi vengono svolti da una persona esperta e, come già accennato, sul luogo di lavoro. In alternativa, la formazione può essere effettuata anche presso gli organismi paritetici, le scuole edili, ove esistenti, o presso le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori.

Sanzioni per inadempimento

Nell’art. 55 comma 5 lettera c) del D.Lgs. 81/08 sono enunciate le normative in caso di mancata formazione del lavoratore entro il tempo stabilito. Il Datore di Lavoro può incorrere in sanzioni molto pesanti. In particolare, sono previsti l’arresto da due a quattro mesi o un’ammenda da 1.200 a 5.200 euro.

Quando è necessario formare i lavoratori

La formazione dei lavoratori sulla Sicurezza e Salute sui luoghi di lavoro non deve essere soltanto impartita al momento della costituzione del rapporto di lavoro tra azienda e dipendente, ma anche quando il lavoratore cambia mansione, sede di lavoro o quando vengono inseriti in azienda nuovi macchinari.

Inoltre, secondo il comma 6 dell’articolo 37, la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi.

L’articolo 37 del D.Lgs 81/08 parla, infine, dei contenuti dei corsi di formazione. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo.

aggiornamento graduatorie personale ata

Al via la costituzione delle graduatorie di circolo e d’istituto di III fascia per il personale ATA per il triennio 2021-2023 come previsto dal Decreto Ministeriale n. 50 del 3 marzo 2021.

Dal giorno 22 marzo, dalle ore 9:00, fino al giorno 22 aprile, alle 23:59, i candidati potranno compilare l’istanza per chiedere l’inserimento e la conferma o aggiornamento di uno o più profili nelle graduatorie di circolo e d’Istituto.

La vera novità di quest’anno è la scelta di digitalizzare completamente tutto il processo. Le istanze dovranno infatti essere obbligatoriamente presentate sul sito del Ministero dell’Istruzione. La scelta nasce dall’esigenza di rendere più rapida la lettura delle domande, soprattutto dal momento che sono previste circa 2.000.000 di richieste.

Quali sono le posizioni aperte?

Dal 22 marzo sarà possibile presentare la domanda per accedere alla graduatoria ATA terza fascia e concorrere per coprire una serie di profili professionali:

  • assistente amministrativo
  • collaboratore scolastico
  • cuoco
  • assistente tecnico
  • infermiere
  • addetto alle aziende agrarie
  • guardarobiere

La domanda di inserimento nelle graduatorie ATA terza fascia deve essere presentata per una sola provincia, ma con un massimo di 30 istituzioni scolastiche presenti nella stessa.

Requisiti per presentare la domanda

  • Il collaboratore scolastico deve possedere qualsiasi diploma di maturità o di qualifica triennale rilasciato da un istituto professionale, attestati e diplomi di qualifica professionale di durata triennale rilasciati o riconosciuti dalle regioni;
  • L’assistente amministrativo deve aver conseguito il diploma di maturità, così come l’assistente tecnico;
  • L‘addetto all’azienda agraria deve essere in possesso di diploma di qualifica professionale di determinati operatori;
  • Il cuoco deve possedere un diploma di qualifica professionale di operatore dei servizi di ristorazione;
  • L’infermiere deve possedere una laurea in scienze infermieristiche o altro titolo ritenuto valido dalla vigente informativa;
  • Il guardarobiere deve essere in possesso di un diploma di qualifica professionale di operatore della moda.

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Come si presenta la domanda per accedere alle graduatorie ATA terza fascia

Come già detto, quest’anno le domande di inserimento, conferma, aggiornamento e depennamento devono essere presentate esclusivamente online mediante l’applicazione Polis del Ministero dell’Istruzione.

E’ quindi fondamentale essere in possesso di credenziali SPID o di un’utenza valida per l’accesso ai servizi presenti nell’area riservata del Ministero dell’Istruzione. Tuttavia, per l’accreditamento sul portale e la rigenerazione del codice personale sarà necessario il riconoscimento fisico dei candidati nelle segreterie scolastiche.

Come accedere al servizio Polis

Il Servizio Istanze OnLine (POLIS – Presentazione On Line delle IStanze) è basato sul Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), che consente al cittadini di interagire con la Pubblica Amministrazione.

Per accedere al servizio, è indispensabile una fase di identificazione di fronte a un pubblico ufficiale della persona a cui viene fornita l’abilitazione. Nel caso di accesso tramite una identità digitale SPID la fase di identificazione non è necessaria.

Sul sito Istruzione.it, nell’area dedicata alle istanze online, bisogna seguire i seguenti passaggi:

  • cliccare su accedi
  • bisogna ora abilitarsi al servizio, inserendo i dati richiesti
  • il sistema invia poi una mail contenente un Codice Personale Temporaneo, il modulo di adesione e le istruzioni per proseguire
  • l’utente può ora accedere nuovamente al servizio e inserire il Codice Personale Temporaneo a conferma della ricezione della mail
  • il candidato si deve recare a un istituto scolastico o un ufficio per farsi identificare, solo nel caso in cui non si possegga la SPID
  • in ogni caso, il candidato riceve una mail dopo l’avvenuta identificazione
  • l’utente è abilitato a presentare le istanze utilizzando il Codice Personale impostato al passo precedente
aggiornamento-fer-online

FER è l’acronimo di Fonti di Energie Rinnovabili e si riferisce alla formazione obbligatoria per i Responsabili Tecnici e le aziende che eseguono lavori di installazione e manutenzione degli impianti domestici, elettrici e termoidraulici, alimentati a energia rinnovabile.

I Responsabili Tecnici, per operare su questi impianti deve obbligatoriamente essere in possesso dell’attestato FER, che si acquisisce solo attraverso una specifica formazione. Sono quindi le imprese che operano nel settore degli impianti elettrici e termoidraulici a doversi assicurare che i propri Responsabili tecnici siano abilitati a svolgere le mansioni.

Chi deve seguire i corsi di formazione e aggiornamento FER?

Il Decreto 28/2011 stabilisce che un operatore, per l’attività di installazione e manutenzione sugli impianti alimentati da fonti d’energia rinnovabile (sistemi fotovoltaici, fototermoelettrici, impianti a biomasse, sistemi solari termici ecc.) debba aver conseguito l’attestato FER, ovvero debba aver superato un corso di formazione o aggiornamento rispettivamente di 80 e 16 ore che tratti tutti gli argomenti necessari per svolgere il lavoro con qualità e in sicurezza.

Al termine di ogni percorso formativo, il candidato riceve un attestato che certifica le competenze acquisite. Esso deve essere allegato alla visura camerale dell’azienda.

Sia i responsabili tecnici che le imprese non in regola con i corsi di formazione non potranno continuare con la propria l’attività.

I corsi di aggiornamento FER devono essere seguiti con cadenza triennale.

Argomenti previsti da un corso FER

Il percorso base di formazione FER prevede una durata minima di 80 ore. Le prime 20 ore sono dedicate a un primo modulo comune a tutti gli indirizzi, mentre le successive 60 ore, che includono anche un modulo dedicato alla pratica, sono composte da insegnamenti specifici in base alle macro tipologie impiantistiche.

Però la formazione base di 80 ore è residuale, infatti il responsabile tecnico che possiede i requisiti grazie a:

  • laurea
  • diploma tecnico + apprendistato
  • esperienza professionale almeno quadriennale

dovrà frequentare solo il corso di aggiornamento FER da 16 ore;

Solo nel caso in cui abbia acquisito l’idoneità grazie a corso professionalizzante e abbia assunto il primo incarico di responsabile tecnico prima del 4 agosto 2013, dovrà frequentare il corso di 80 ore.

Il corso di aggiornamento FER, dunque, prevede solo 16 ore ed è obbligatorio ai sensi del comma 1, lett. f dell’allegato 4 al D.lgs. 3 marzo 2011 n.28. L’aggiornamento deve avvenire ogni 3 anni ed è fondamentale per aprirsi alle nuove tecnologie presenti sul mercato e per non restare indietro con l’evolversi del settore.

Aggiornarsi significa conoscere i nuovi impianti e soluzioni innovative rinnovabili e ridurre al minimo la possibilità di commettere errori sul campo o di mettere a rischio la propria sicurezza. Non si tratta quindi solo di una questione legata al progresso e alla crescita dell’azienda sul mercato, ma anche una scelta responsabile nei confronti dell’ambiente e del personale tecnico.

I corsi si possono svolgere anche online.

Gli obiettivi didattici del corso di aggiornamento FER sono relativi alla comprensione delle soluzioni impiantistiche a energia rinnovabile, all’ installazione e manutenzione e ai protocolli che le regolano. I discenti, al termine del corso, conosceranno tutte le più recenti innovazioni nell’ambito dell’energia rinnovabile, per la macrotipologia termoelettrica e idraulica, i vettori attualmente più prodotti e utilizzati.

Al termine del corso di aggiornamento FER, viene rilasciato un attestato valido su tutto il territorio nazionale.