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Accumulare energia pulita e rinnovabile: per le aree isolate arriva l’innovazione del progetto REMOTE

Nel mondo, le isole sono oltre 10.000 e sono abitate da oltre 750 milioni di persone. Molte di queste, con una media di abitanti tra i 1000 e i 10.000, si affidano al diesel per garantire energia a case, scuole, istituzioni e imprese, con una spesa consistente per l’importazione di combustibili fossili e il grave impatto ambientale che ne consegue. E non si contano le aree isolate in territori diversi da quelli insulari, come, ad esempio, montagne e zone interne, poco collegate alle principali vie di comunicazione e alle infrastrutture.

In Italia, ad esempio, ci sono 77 isole di cui 23 all’interno di laghi e 1 in un fiume. Nel bacino del Mediterraneo, le isole abitate sono 158, con una popolazione variabile tra i 5 milioni di abitanti della Sicilia, e le poche unità di Isole protette come Asinara, Montecristo, in Italia o Schiza, in Grecia. Il 40,5% delle isole del Mediterraneo ha meno di 1000 abitanti, il 29.7% meno di 500 e un considerevole numero di questi territori, importanti sotto il profilo turistico e ambientale, vivono senza collegamento alla rete elettrica.

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Lo sfruttamento dell’energia rinnovabile disponibile, in inglese RES – Renewable Energy Sources, è un fattore chiave di innovazione per questi territori, soprattutto in chiave ambientale. Si tratta infatti di definire un percorso di produzione energetica, che riduca drasticamente l’impronta ambientale determinata dall’uso di combustibili fossili. Le fonti rinnovabili, tuttavia, presentano problemi di intermittenza che rendono difficile conciliare la domanda di energia con la continuità di servizio. Una criticità che può essere risolta grazie allo sviluppo tecnologico di soluzioni di energy storage efficienti, ad alta densità energetica, economiche e affidabili poiché capaci di garantire la continuità del servizio.

REMOTE, progetto Europeo Finanziato da Horizon2020 coordinato dal Politecnico di Torino e condotto insieme a 10 partner europei, ha l’obiettivo di dimostrare la sostenibilità economica e tecnica di sistemi di energy storage, vere e proprie batterie ad accumulo, basate sulla tecnologia a idrogeno combinata con un elettrolizzatore che converte l’energia in eccesso prodotta da sistemi di energia rinnovabili (pale eoliche, pannelli fotovoltaici,…) in idrogeno. Il sistema di accumulo a idrogeno e celle a combustibile (fuel cell), poi, riconverte quando necessario l’idrogeno stesso in elettricità, superando così il problema dell’intermittenza, tipico delle fonti rinnovabili come eolico e solare.

Per lo sviluppo di REMOTE, sono in corso di allestimento 4 stazioni dimostrative, alimentate con elettricità generata da fonti rinnovabili, collocate in altrettante aree isolate, legate ad un approvvigionamento energetico sia da microreti – microgrids, sia totalmente staccate dalla rete elettrica.

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Le località coinvolte sono: in Piemonte, Ambornetti, alle pendici del Monviso; in Sicilia, Ginostra sull’Isola di Stromboli; in Grecia, Agkistro nella regione di Serres; in Norvegia, l’isola di Froan nel mar di Norvegia.

Fonti rinnovabili e variabili come eolica, solare-fotovoltaica, integrate con sistemi di accumulo power to power basati sull’idrogeno,sono infatti in grado di fornire una fonte di energia affidabile, costante, economica, e, soprattutto, ecologica poiché costituiscono un’alternativa reale all’uso dei motori diesel per la produzione di energia locale, con l’enorme impatto ambientale che i combustibili fossili impongono, in special modo in aree di elevato valore ambientale come quelle scelte.

Le 4 località del progetto REMOTE sono state scelte per il mix di energie rinnovabili che permettono di mettere in campo nei test, collocandole in contesti ambientali e d’uso molto diversi. Si passa infatti dal caldo, soleggiato, ventoso Mediterraneo alla fredda e tempestosa Scandinavia, fino al particolare clima delle Alpi occidentali italiane.

Fornire energia pulita e un servizio affidabile alle popolazioni che vivono in queste aree è una sfida tecnologica sotto il profilo sociale ed economico, poiché l’accesso a fonti di energia pulita dal costo contenuto, è un tassello essenziale per lo sviluppo di questi territori dal punto di vista demografico, turistico ed imprenditoriale.

Tutti i territori interessati vedranno una pressoché completa sostituzione dei combustibili fossili con energia rinnovabile, arrivando ad un’autonomia energetica che in alcuni casi raggiungerà il 100% del fabbisogno.

L’esperienza acquisita con REMOTE in aree isolate e off-grid, inoltre, aprirà la strada all’implementazione di soluzioni di energy storage basate sull’idrogeno per scale di produzione sempre maggiori.

Innanzitutto, per una corretta manutenzione ordinaria stagionale vanno puliti i filtri dell’unità interna dei climatizzatori domestici. Generalmente i filtri sono a maglia di fili in materiale plastico, e in questo caso è sufficiente lavarli sotto un getto d’acqua (come quello del rubinetto) e poi lasciarli asciugare bene prima di rimontarli.

Se i filtri sono realizzati in materiale deperibile con il tempo, come ad esempio alcune schiume sintetiche, è meglio evitare il getto d’acqua. Se sono in materiale “esauribile” (filtri elettrostatici passivi o a carboni attivi) vanno sostituiti con filtri nuovi. Se infine sono costituiti da zeoliti o biossido di titanio fotocatalitico occorre lavarli ed esporli al sole per permettere ai raggi UV di rigenerarli, prima che vengano nuovamente installati. Per individuare il tipo di filtro e sapere come rimuoverlo correttamente è importante consultare le istruzioni del climatizzatore.

Una volta controllati i filtri delle unità interne è bene accertarsi che l’unità esterna non sia intasata da foglie, pioppini ecc. Se necessario pulirla con un getto d’acqua o d’aria (va bene il getto d’aria di un phon senza la funzione di riscaldamento).

Una volta completata la pulizia stagionale accendere il climatizzatore e, un quarto d’ora dopo averlo avviato, accertarsi che funzioni correttamente verificando che l’aria che esce sia fresca (in funzione raffrescamento estivo) e che la condensa venga scaricata dall’apposita tubazione.

Se si riscontrano anomalie di funzionamento contattare un centro di assistenza autorizzato.

Alcune volte possono capitare degli inconvenienti nell’uso del climatizzatore: potrebbe perdere la carica di refrigerante, con conseguente diminuzione della resa termica (cioè la differenza di temperatura fra l’aria in ambiente e l’aria in uscita dalla bocchette); in questo caso rivolgersi a un centro assistenza. Può anche capitare che il tubo di evacuazione della condensa sia ostruito da una bolla d’aria. Molto più raramente, potrebbe avvenire che nei multisplit gli indirizzi di comando delle singole unità interne vadano persi, e di conseguenza il sistema funzioni male: in questo caso occorre ripristinarli nei telecomandi seguendo le istruzioni di montaggio (comunque prima del primo avvio dell’apparecchiatura).

Si ricorda che la sicurezza di persone, animali e cose è una competenza del produttore e dell’installatore. L’utente deve controllare che non ci siano cavi elettrici rovinati e che le griglie di protezione del ventilatore della sezione esterna non siano danneggiate.

Fonte: UnioneArchitetti.com

L’ennesimo caso di intossicazione da monossido di carbonio avvenuto poche settimane fa a Marghera, riapre la questione della sicurezza degli impianti di riscaldamento domestici.

“È una questione di sicurezza dei cittadini – esordisce Francesco Costantini Presidente degli Installatori della CGIA di Mestre – purtroppo, circolano ancora molte notizie incomplete, tendenziose e fuorvianti, quando non sono addirittura del tutto infondate. E nonostante gli appelli, ogni anno, sono molti i casi che leggiamo sulle colonne dei giornali di intossicazioni e decessi a causa del malfunzionamento degli impianti; queste tragedie, spesso, possono essere evitate attraverso una corretta e regolare manutenzione dell’impianto.”

Gli Installatori della CGIA ricordano che la cosiddetta prova dei fumi della caldaia va fatta ogni volta in cui si fa la manutenzione. Ovvero, per la stragrande maggioranza dei casi, ogni anno.

La manutenzione dell’impianto di riscaldamento è stabilita dagli articoli 7 e 8 del dpr 74/2013 e le tempistiche sono state chiarite anche dalla Regione Veneto. La priorità va data alle istruzioni tecniche per l’uso e la manutenzione rese disponibili dall’impresa installatrice, o in mancanza di esse, secondo le prescrizioni indicate dai fabbricanti degli specifici componenti dell’impianto.

“Troppo spesso si confonde la manutenzione della caldaia con il controllo di efficienza energetica– conclude Costantini – ma le ultime disposizioni di legge parlano chiaro. L’unica cosa che è cambiata è la tempistica di trasmissione degli esiti dei controlli di efficienza energetica; questi ultimi vanno tramessi con periodicità di 1, 2 e 4 anni a seconda che l’impianto sia superiore o inferiore ai 100 kilowatt”.

Infine, se la manutenzione non viene eseguita secondo le disposizioni di legge il proprietario dell’impianto rischia una sanzione fino a 3.000 mila euro.

La CGIA, pertanto, esorta a rivolgersi solo a manutentori o installatori in possesso dei necessari requisiti di legge (lettere C, D ed E del decreto 37/2008), ovvero le uniche figure professionali che sono abilitate ad operare su impianti di riscaldamento e di climatizzazione, su impianti idrosanitari e che possano realizzare, manutenere e controllare tali impianti.

Fonte: UnioneIngegneri